MG METRO TURBO
Prova a prendermi
ANNO: 1999
Semplice come un’auto disegnata da un bambino, efficace come solo le grandi GT. Ad inizio anni ’70 nacque, dalla matita di Giorgetto Giugiaro, Lotus Esprit, una delle più longeve supercar della storia automobilistica. Con un solo restyling è riuscita ad attraversare ben 4 decenni, tracciando una linea temporale di confine tra le sportive nate prima e dopo il suo arrivo nel mercato. Prestazioni made in UK e spirito italiano: questa coupé con motore posteriore centrale è stata presente per decenni nei sogni di molti, immortalata nei poster dei teenager, nelle riviste e più volte ripresa al cinema, anche come protagonista.
La versione conservata nel garage di Passione Classica, equipaggiata con il V8 biturbo, rappresenta l’apice di una straordinaria carriera.
28 anni al passo coi tempi
Correva l’anno 1971 quando Giorgetto Giugiaro e Colin Chapman si incontrarono al Salone di Ginevra. Quest’ultimo commissionò al designer italiano una sportiva che ricalcasse gli stilemi più in voga in quel periodo e Giugiaro, padre delle linee squadrate (v. Volkswagen Cheetah), accettò e preparò il primo prototipo di color argento, denominato “Silver Car concept”, in tempo per il salone di Torino del 1972. Venne presentata una meravigliosa gran turismo ispirata alle linee della Boomerang che Giugiaro stava studiando per Maserati proprio in quegli anni; la Silver Car inoltre aveva le caratteristiche di un’auto già pronta per la produzione e non avrebbe costretto Lotus ad un dispendioso adattamento per l’omologazione stradale. Proprio per questo Chapman diede il suo consenso alla produzione. Presto una squadra di tecnici della casa inglese si stabilì a Torino, presso gli uffici della Italdesign, e vi rimase per quasi 2 anni. Interessante lo studio della carrozzeria, che poneva come obiettivo la fusione tra un nuova tecnologia di iniezione sottovuoto della vetroresina, appresa da Lotus in un cantiere navale che Chapman aveva da poco rilevato (geniale!), e la necessità costruttive per omologare la vettura. A fine del ’75 venne aperta l’ordinabilità e tra luglio ed agosto 1976 iniziarono le consegne.
Da allora si sono avvicendate circa 25 interpretazioni dello stesso modello tra allestimenti e serie speciali, ma le grandi famiglie Esprit restano due: la “Giugiaro” dei primi tempi e la “Stevens” (codice progetto: “X180”), realizzata dal designer inglese Peter Stevens, nel 1987. In realtà quest’ultimo era solo un restyling per aggiornare la vettura e tenerla al passo coi tempi; tuttavia, se la paternità di questo capolavoro va ricondotta al genio italiano, è giusto riconoscere a Stevens la capacità di mettere mano ad un’opera pressoché perfetta senza snaturarne l’anima o, per meglio dire, lo spirito. Anche i motori furono costantemente aggiornati. Si partì con un 4 cilindri aspirato da 160 cv e, attraversando quasi vent’anni a suon di allestimenti speciali (HC, Turbo SE, S4 per citarne solo alcuni), nel 1996 nacque la Esprit V8, equipaggiata con un 3,5 litri biturbo. Ciò che già aveva raggiunto la perfezione stilistica nel 1995 con la S4S, riuscì a guadagnare un propulsore da ben 354 cv; il culmine di progetto che, dopo qualche mese di stallo commerciale, si ripropose rinnovato come alternativa di nicchia alle italiane e alle tedesche, senza però snaturare la sua essenza di auto divertente ed agile.
Dopo un debole tentativo, nel 2001, di ammodernare la linea della vettura (mediante orrendi gruppi ottici posteriori in stile Elise) la Esprit cessò di essere prodotta nel 2004. Fu l’ultima auto, assieme alla Corvette C5, ad essere commercializzata con le meravigliose “Pop-Up Lights”, ovvero i fari a scomparsa.
Alla guida – Occhio al gas
…Ed è proprio la magia dei fari a scomparsa, forse, a tradire la sua età. Già perché ad un occhio non allenato l’Esprit potrebbe sembrare un’auto moderna; in realtà questa V8 SE di fine millennio è un concentrato di stilemi tipicamente anni ’90, come l’ala posteriore in tinta carrozzeria e la posizione di guida che sacrifica la visibilità a vantaggio della sportività; si guida infatti semidistesi, con la leva del cambio piuttosto in alto. L’ingresso in auto è quasi rasoterra, ma una volta calati nell’abitacolo si trova un discreto spazio ed anche una persona piuttosto robusta può accomodarsi senza particolari difficoltà. Quest’ultimo aspetto ha così garantito un buon successo anche negli Stati Uniti, dove la clientela “XL” non è mai mancata. Ad ogni modo la visibilità, specie quella posteriore, è quasi nulla e tutto è votato alla ricerca della prestazione, con un occhio alla vita di bordo. La Lotus Esprit V8 è una GT, lo ripeto: non è un’auto concepita al solo scopo di staccare il tempo sul giro, ma di farvi percorrere molti chilometri con il sorriso sulle labbra. Il suo forte è l’autostrada o il misto veloce, dove è possibile apprezzare il DNA Lotus, fatto di grande handling e di una ripartizione dei pesi sui due assi davvero ben studiata; pensate che il motore, realizzato da Lotus e completamente in lega leggera, pesa meno di 200 kg ed è in grado di regalare a questa coupé circa 400 Nm di coppia per uno 0–100 in 4,9 s (negli anni ’90…): 1 decimo più lenta di una Ferrari 355 (ma più rapida della modenese in ripresa), più veloce di una Porsche Carrera e di una Maserati 3200 GT. Il tutto senza controllo di trazione. Già, è bene ricordarlo quando si anticipa troppo il gas all’uscita di una curva; il V8 biturbo infatti entusiasma a tal punto che il rischio di esagerare va sempre calcolato. La velocità massima (dichiarata e certificata) è di 280 km/h; al driver quindi l’onere di rispettare le leggi della fisica. Per il resto guidare questa Lotus Esprit V8 è un’esperienza meravigliosa anche a velocità da codice, magari con il tettuccio lievemente aperto o totalmente rimosso, per godere appieno del sound rauco del V8 in piena comodità; la “SE” infatti si distingue anche per delle migliorie agli interni (plancia e strumentazione comprese), più ergonomici e gradevoli delle serie precedenti. Ma se alla guida vi potrà dare grandi soddisfazioni, come solo una Lotus sa fare, è una volta scesi dall’auto che, guardandola un’ultima volta prima di chiuderla in garage, vi lascerà senza fiato. Ogni volta come la prima.
“SE” certificata – La Lotus Esprit V8 di Passione Classica
I veri collezionisti lo sanno: l’aspetto documentale di una storica, i suoi attestati e le sue certificazioni sono importanti tanto quanto le condizioni dell’auto stessa. Questa Lotus Esprit V8 ne è il chiaro esempio. A corredo vi sono documenti italiani con omologazione storica già riportata a libretto (per le importanti agevolazioni su bollo ed assicurazione), il libretto di uso e manutenzione, le fatture degli interventi meccanici ed il completissimo certificato Heritage di Lotus. La vettura è, come si dice, “matching number and colour”, vi è quindi la piena corrispondenza tra i dati di produzione e lo stato attuale della vettura. La sola Esprit in “New Aluminium Metallic” (codice B35) con guida a sinistra di tutto il 1999, di sole 10 unità prodotte per il mercato Europeo. Come accennato, il grigio chiaro ha un valore particolare per la Esprit, poiché richiama la tonalità del prototipo Silver Concept. Ulteriore particolare che contraddistingue questo esemplare è la realizzazione, su richiesta speciale all’ordine, delle rifiniture interne in “Jaguar Grey”. Acquistata presso una collezione belga, la Lotus Esprit V8 di Passione Classica è in condizioni davvero notevoli, anche nel sottoscocca. Una delle auto più belle della storia dell’automobile ed uno degli investimenti più sensati in fatto di supercar. Sono convinto infatti che Lotus sia stata dimenticata dai collezionisti per molti anni, a causa dei suoi trascorsi fatti di successi mondiali alternati a periodi bui vissuti in bilico tra il fallimento ed una produzione artigianale; ma oggi dalle parti di Hethel ci si prepara a vivere una rinascita degna del suo nome: una vera e propria resurrezione.
La cinese Geely (vedi Volvo) ha rilevato ormai da qualche anno il marchio inglese ed ha reso pubbliche le proprie intenzioni a riguardo, mostrando un calendario fitto di impegni, che nei prossimi anni vedrà la nascita di numerosi modelli. Questo fenomeno, iniziato con la coupé Emira, trascinerà inevitabilmente al rialzo le quotazioni di tutte le Lotus, soprattutto della regina Esprit: una delle supercar più belle e più significative della storia dell’automobile. In lei si concentrano un importante patrimonio storico, un passato sportivo iridato e svariati ruoli da protagonista al cinema come nei videogame, dal ’76 al 2004. Questa Lotus non è solo una storica, ma una vera e propria macchina del tempo.
Alla guida – Occhio al gas
…Ed è proprio la magia dei fari a scomparsa, forse, a tradire la sua età. Già perché ad un occhio non allenato l’Esprit potrebbe sembrare un’auto moderna; in realtà questa V8 SE di fine millennio è un concentrato di stilemi tipicamente anni ’90, come l’ala posteriore in tinta carrozzeria e la posizione di guida che sacrifica la visibilità a vantaggio della sportività; si guida infatti semidistesi, con la leva del cambio piuttosto in alto. L’ingresso in auto è quasi rasoterra, ma una volta calati nell’abitacolo si trova un discreto spazio ed anche una persona piuttosto robusta può accomodarsi senza particolari difficoltà. Quest’ultimo aspetto ha così garantito un buon successo anche negli Stati Uniti, dove la clientela “XL” non è mai mancata. Ad ogni modo la visibilità, specie quella posteriore, è quasi nulla e tutto è votato alla ricerca della prestazione, con un occhio alla vita di bordo. La Esprit è una GT, lo ripeto: non è un’auto concepita al solo scopo di staccare il tempo sul giro, ma di farvi percorrere molti chilometri con il sorriso sulle labbra. Il suo forte è l’autostrada o il misto veloce, dove è possibile apprezzare il DNA Lotus, fatto di grande handling e di una ripartizione dei pesi sui due assi davvero ben studiata; pensate che il motore, realizzato da Lotus e completamente in lega leggera, pesa meno di 200 kg ed è in grado di regalare a questa coupé circa 400 Nm di coppia per uno 0–100 in 4,9 s (negli anni ’90…): 1 decimo più lenta di una Ferrari 355 (ma più rapida della modenese in ripresa), più veloce di una Porsche Carrera e di una Maserati 3200 GT. Il tutto senza controllo di trazione. Già, è bene ricordarlo quando si anticipa troppo il gas all’uscita di una curva; il V8 biturbo infatti entusiasma a tal punto che il rischio di esagerare va sempre calcolato. La velocità massima (dichiarata e certificata) è di 280 km/h; al driver quindi l’onere di rispettare le leggi della fisica. Per il resto guidare questa Esprit è un’esperienza meravigliosa anche a velocità da codice, magari con il tettuccio lievemente aperto o totalmente rimosso, per godere appieno del sound rauco del V8 in piena comodità; la “SE” infatti si distingue anche per delle migliorie agli interni (plancia e strumentazione comprese), più ergonomici e gradevoli delle serie precedenti. Ma se alla guida vi potrà dare grandi soddisfazioni, come solo una Lotus sa fare, è una volta scesi dall’auto che, guardandola un’ultima volta prima di chiuderla in garage, vi lascerà senza fiato. Ogni volta come la prima.
“SE” certificata – La Lotus Esprit V8 di Passione Classica
I veri collezionisti lo sanno: l’aspetto documentale di una storica, i suoi attestati e le sue certificazioni sono importanti tanto quanto le condizioni dell’auto stessa. Questa Esprit ne è il chiaro esempio. A corredo vi sono documenti italiani con omologazione storica già riportata a libretto (per le importanti agevolazioni su bollo ed assicurazione), il libretto di uso e manutenzione, le fatture degli interventi meccanici ed il completissimo certificato Heritage di Lotus. La vettura è, come si dice, “matching number and colour”, vi è quindi la piena corrispondenza tra i dati di produzione e lo stato attuale della vettura. La sola Esprit in “New Aluminium Metallic” (codice B35) con guida a sinistra di tutto il 1999, di sole 10 unità prodotte per il mercato Europeo. Come accennato, il grigio chiaro ha un valore particolare per la Esprit, poiché richiama la tonalità del prototipo Silver Concept. Ulteriore particolare che contraddistingue questo esemplare è la realizzazione, su richiesta speciale all’ordine, delle rifiniture interne in “Jaguar Grey”. Acquistata presso una collezione belga, la Lotus Esprit V8 di Passione Classica è in condizioni davvero notevoli, anche nel sottoscocca. Una delle auto più belle della storia dell’automobile ed uno degli investimenti più sensati in fatto di supercar. Sono convinto infatti che Lotus sia stata dimenticata dai collezionisti per molti anni, a causa dei suoi trascorsi fatti di successi mondiali alternati a periodi bui vissuti in bilico tra il fallimento ed una produzione artigianale; ma oggi dalle parti di Hethel ci si prepara a vivere una rinascita degna del suo nome: una vera e propria resurrezione.
La cinese Geely (vedi Volvo) ha rilevato ormai da qualche anno il marchio inglese ed ha reso pubbliche le proprie intenzioni a riguardo, mostrando un calendario fitto di impegni, che nei prossimi anni vedrà la nascita di numerosi modelli. Questo fenomeno, iniziato con la coupé Emira, trascinerà inevitabilmente al rialzo le quotazioni di tutte le Lotus, soprattutto della regina Esprit: una delle supercar più belle e più significative della storia dell’automobile. In lei si concentrano un importante patrimonio storico, un passato sportivo iridato e svariati ruoli da protagonista al cinema come nei videogame, dal ’76 al 2004. Questa Lotus non è solo una storica, ma una vera e propria macchina del tempo.
Se alla guida vi potrà dare grandi soddisfazioni, come solo una Lotus sa fare, è una volta scesi dall’auto che, guardandola un’ultima volta prima di chiuderla in garage, vi lascerà senza fiato. Ogni volta come la prima.
Pur di avere l’oggetto dei propri desideri, a volte si è disposti a tutto, canta Róisín Murphy. Nel 1999 il brano “Sing It Back” del duo Moloko, remixato nientemeno che da Boris Dlugosch (vedi la mitica “Keep Pushing”), è presente in quasi tutte le compilation in giro per il mondo ed ancora oggi è suonato in tutti i locali: chiaro esempio di straordinaria eleganza musicale, anche se si tratta di un genere spesso relegato a ruolo di “arte minore” come quello dei brani da club. Nato nel 1998 all’interno dell’album “I Am Not A Doctor” ottiene il meritato successo un anno più tardi.
Immediato, riconoscibile, sofisticato, geniale: proprio come la Lotus Esprit V8.
La ricordate in versione subacquea nel film di James Bond……….? E con lo stesso agente correre in montagna? Forse la preferite guidata da Giulia Roberts in Pretty Woman… Esprit è una star che si è concessa a molti ruoli.
Io amo ricordarla in azione, nel thriller Basic Instinct, quando al volante c’era una misteriosa Sharon Stone. Certo quella utilizzata nelle riprese non è una V8, ma lo stile resta inconfondibile.