OPEL TIGRA 1.6 16V
“Il coupe della nuova generazione”
ANNO: 1972
Voluta dall’“Avvocato”, quello con la “A” maiuscola, nata per sfidare le tre litri più blasonate, questa 130 Coupé è un riferimento in termini di stile e qualità costruttiva. Vittima della crisi petrolifera dei primi Settanta, è pronta a riscattarsi come auto storica; progettata per piacere, per durare nel tempo e per dare sfoggio della capacità di Fiat nel segmento delle gran turismo. Un collaudatore per ogni auto vi basta?
Tra design e petrolio
La missione era quella di rivaleggiare con i marchi più importanti nel settore delle berline di rappresentanza: per questo motivo, nel 1969, dopo 5 anni di sviluppo, nacque la Fiat 130. Ad un anno dal lancio tuttavia le vendite stentavano a decollare, per colpa del design (forse un po’ datato) e della diffidenza da parte dei potenziali acquirenti, i quali non attribuivano al brand torinese sufficiente prestigio nella produzione di auto premium. Così, nel marzo del 1971, al Salone di Ginevra venne presentata la 130 Coupé, fortemente voluta da Gianni Agnelli e disegnata da Pininfarina, più precisamente da Paolo Martin, il padre della Lancia Beta Montecarlo e della Rolls-Royce Camargue (solo per citarne alcune). Fu la semplicità a guidare la sua matita, come spesso avviene per i capolavori senza tempo; la nuova creatura di Fiat si mostrò al mondo sfoggiando un minimalismo stilisticamente inedito: zero orpelli e poche linee tese saggiamente tracciate non solo in virtù dell’estetica, ma anche di esigenze meccaniche e strutturali. A causa della posizione rialzata del propulsore, ad esempio, il volume anteriore risultava piuttosto imponente, con il rischio di spezzare l’armonia del profilo. Martin decise così di allungare il muso piegandolo verso il basso, allo scopo di alleggerire la vista laterale; proprio da questo punto si fece partire una scalfatura che correva lungo tutta la fiancata assottigliandone la dimensione. Il risultato fu un corpo vettura filante, con una lunghezza totale di 484 cm: ben 9 in più della berlina. Il tagliente profilo era poi completato dai cerchi Cromodora 14’’ considerati, al tempo, maggiorati. Belli i gruppi ottici anteriori e posteriori, leggermente sovradimensionati, che conferivano alle due viste, frontale e posteriore, una sensazione di solida stabilità. La 130 Coupé fu così concepita da foglio bianco o quasi, senza riferimenti alla berlina di derivazione né alla sua antenata, la 2300 Coupé, realizzata una decina di anni prima da Ghia seguendo tendenze stilistiche completamente diverse. La produzione era divisa tra lo stabilimento Fiat di Rivalta (scocche) e quello della Pininfarina (verniciatura ed assemblaggio) e ad ogni esemplare veniva affidato un driver che aveva il compito di verificare il corretto funzionamento del mezzo. A Torino non si badò a spese ed i primi risultati di vendita furono incoraggianti; il listino di 4.950.000 Lire, più economico delle concorrenti tedesche, invogliò in un primo momento anche gli scettici, rubando a Mercedes e BMW più di qualche cliente: la strada imboccata da Fiat era quella giusta, ma con l’arrivo della crisi petrolifera del 1973 il segmento delle 3 litri subì un drastico calo di ordini e la 130 Coupé seguì questa tendenza. Rimase a listino fino al 1977, dopo 4500 esemplari prodotti, di cui 980 con cambio manuale. Praticamente una serie limitata.